Skip to content
Associazione Martina Rossi
Menu
  • Home
  • Chi Siamo
  • Contatti
  • Convegno 19 novembre 2022
  • Aiutaci ad aiutare!
  • Notizie
Menu

IL FEMMINICIDIO DI MARTINA E L’ARROGANZA DEI GIUDIZI

Posted on 1 Giugno 202513 Ottobre 2025 by APS Martina Rossi

"Sono parte di te, come un mal di denti" Humbert Humbert a Lolita (da Lolita di Nabokov)

di ANDREA MALAGUTI - giornalista La Stampa

Non lo avevo mai incontrato Bruno Rossi. Sapevo chi era. Conoscevo pezzi della sua storia, i sacchi portati sulle spalle al porto per anni, la carriera, il sindacato, l’amicizia del padre con Umberto Terracini, il comunismo. Il dramma di sua figlia Martina, vent’anni, precipitata da un terrazzo di un albergo spagnolo nel tentativo di sfuggire a uno stupro.

Un dolore che soffoca. La vita che va avanti con sua moglie Franca. La volgarità infinita di processi che, prima di arrivare alla condanna dei carnefici, cercano di riscrivere la storia della sua bambina. Di accusare lei. Di insinuare che si sia suicidata. Di dire, come si fa sempre, che se l’è andata a cercare. Pare che sia uno schema fisso, chissà quanto inevitabile, delle strategie difensive sulle violenze. Suggestioni che si insinuano in un tessuto di pregiudizi patriarcali che neanche il nuovo millennio spazza via.

Più facile spazzare via l’esistenza altrui. Non c’è forse la fila — sui social, nei bar, nelle case per dire la stessa cosa di Martina Carbonaro, dei suoi quattordici anni presi a sassate da Alessio Tucci, ennesimo maschio criminale fuori controllo?

Diventiamo tutti giudici. Ma delle vittime. Tutti spietati. Tutti che sappiamo — noi sì — che cosa avremmo fatto, come ci si doveva comportare. Mica come quei genitori che hanno lasciato che a dodici anni Martina si fidanzasse con un compaesano molto più grande di lei. Tutti come Vincenzo De Luca, antico governatore della Campania, a ricamare giudizi sugli ultimi cadaveri ancora caldi raccontati dalle cronache. Non è anche questo parte del problema? L’appiccicoso sentire comune? Il modo. L’approccio. La maleducazione. La mancanza di delicatezza. Di pudore. La sottovalutazione dei messaggi che mandiamo in giro con arroganza come se non avessero un peso. Non ci basta neppure leggere le carte della procura a proposito dell’orrore, per fermare la deriva cinicamente censoria. Eppure, Alessio Tucci ha colpito Martina Carbonaro “selvaggiamente, con una forza micidiale e ha continuato a colpirla anche quando lei è caduta a terra”. Lo ha fatto perché lei si era rifiutata di abbracciarlo e adesso se la cava dicendo che gli dispiace, che ha perso la testa, che non poteva accettare di essere lasciato. Martina era cosa sua. Perché non riusciamo a concentrarci su di lui? Perché continuiamo a mettere in discussione lei?

In ogni caso, di persona no, non lo avevo mai visto, Bruno Rossi. L’ho incrociato ad Imperia, su un palco, a un’iniziativa fatta da noi de La Stampa. A portarlo lì ci avevano pensato i suoi concittadini. Era uno dei tre imperiesi scelti come simbolo della parte migliore della città. È un uomo di oltre ottant’anni, Bruno. E non smette di fare battaglie. «Mi sento un vecchietto in trincea. Dopo la morte di Martina ho cercato di trasformare il dolore in aiuto per gli altri». Si impegna per i migranti che provano ad andare in Francia passando da Ventimiglia. Porta cibo, acqua, vestiti. Chiede al Comune di mettere a disposizione dei bagni appena appena decenti. Di smetterla di spendere soldi dei contribuenti per pagare i vigili di guardia al cimitero dove questa umanità smarrita va a cercare riparo prima di attraversare il confine.

Lo osservo mentre gesticola sul palco. Con lo sguardo fermo, i pensieri chiari, la voce prima furente e poi sconsolata. Mentre ricorda la sua Martina, la sua lotta, titanica, contro i Principi del Foro portati in Aula dagli aggressori di sua figlia. «Famiglie ricche. Che credono di potersi permettere tutto». Quante esistenze riduce in brandelli ogni singolo femminicidio? Quanta sofferenza e tormento non riusciamo neppure a prendere in considerazione? L’avevano voluta moltissimo, quel capolavoro di ragazza. Lui e Franca si erano messi assieme nel 1964. Ci avevano provato subito. Era andata male per 26 anni. Poi, dopo che si erano trasferiti da Genova a Imperia era arrivato il miracolo. «Che talento, la nostra Martina. Sapeva disegnare, scrivere e al liceo classico si era diplomata con il massimo dei voti. Aveva fatto un tema sulla comunicazione che tengo come una reliquia. La prima volta che è andata via da sola è successa la tragedia. Ricordo che mi prendeva in giro quando le dicevo di stare attenta. Mi rispondeva: papà, ogni giorno in Palestina muoiono decine di bambini e tu ti preoccupi di me? Come mi risuonano dentro quelle parole».

Il femminicidio di Martina Carbonaro gli ha fatto tremare nuovamente il cuore. «Un’altra Martina. Proprio come la mia. Oggi i ragazzi non accettano il fatto che le donne possano essere più forti di loro. Non sanno come conquistarle. Non accettano di stare al loro posto. Sì, è un atteggiamento patriarcale. È inutile negarlo. Se poi penso a quello che hanno detto della mia Martina a processo divento pazzo». Hanno insinuato che fosse ubriaca. «Che volesse farsi soddisfare». E che non essendoci riuscita si sarebbe suicidata. La distruzione post mortem di un essere umano. Ci sono voluti sei processi per ristabilire la verità con una sentenza. “Il 3 agosto 2011 Martina Rossi precipitò dal terrazzo della camera 609 dell’albergo dove alloggiava, nel tentativo di sottrarsi a una aggressione sessuale perpetrata a suo danno dagli imputati”.

Adesso è sepolta a Castelvecchio. Il cimitero lo vedi appena esci dall’autostrada. Bruno non lascia mai che i fiori si secchino. Dice che lì, al campo santo, ci sono tutti. I ricchi e i poveri. Ma che, se fai eccezione per i ragazzi morti nella Grande Guerra, tutti gli altri hanno fatto la loro vita. Martina no. «Dobbiamo insegnare ai nostri ragazzi, sempre curvi sui loro telefonini, il senso della relazione». Vorrei buttargli le braccia al collo. Mi limito a ringraziarlo.

L’elefante nella stanza, quello che non vogliamo vedere, non è tanto l’incattivimento dei ragazzi – fin troppo indagato – ma l’arretratezza e la predisposizione alla violenza dei maschi adulti, a cominciare da noi padri. L’asimmetria tra libertà maschili e femminili che ancora resiste in Italia, testimoniato dal gap salariale. Secondo i dati del Viminale, le richieste di aiuto per episodi di “violenza domestica o di genere” sono poco meno di quindicimila l’anno. E le denunce per maltrattamenti in famiglia sono aumentate dell’11% nel 2024. Per un caso denunciato, quanti sono i pugni e i calci tollerati? E quanti bambini credono che sia normale trattare una donna come fanno i loro padri? Quante bambine si convincono che una donna debba sopportare perché la gelosia è amore e uno schiaffo ci può stare? “Sono parte di te come un mal di denti”, dice Humbert Humbert a Lolita. Il mal di denti è diventato tumore.

Argomenti tabù per parte della classe dirigente. Sono ancora numerosi i padri di famiglia, onnipotenti e indiscutibili, che vanno a votare. Ma i dementi aggressivi come il funzionario pubblico che usa la rete per augurare alla figlia di Giorgia Meloni (a lei la più totale solidarietà) di fare la fine di Martina Carbonaro, danno prova della loro pericolosità ogni giorno. E la politica fatica ad imporre un’agenda culturale (absit iniuria verbis) per fermare il disastro. Al massimo reagisce. O crede, come ha fatto in queste ore la senatrice Giulia Bongiorno peraltro da sempre impegnata per le donne — di risolvere la questione inasprendo un quadro normativo già corposo. «Stiamo valutando la possibilità di abbassare l’imputabilità a dodici anni», ha spiegato in un’intervista al Corriere della Sera. Ma sono le vittime ad essere bambine. Non i loro killer. E davvero si può trattare un dodicenne da criminale? Il panpenalismo sta diventando una malattia. La via d’uscita di chi si sente con le spalle al muro. La grande scommessa resta la relazione. La relazione, sommata alla scuola e al dialogo. Costante. Paziente. Instancabile. Utopia? «Quando noi andavamo a fare delle manifestazioni anche solo in venti, avevamo comunque sempre lo stesso obiettivo». Quale?, chiedo a Bruno. «Tornare in ventuno».

Condividi

Articoli recenti

  • Cervo, tutto pronto per “Pennello d’oro, estemporanea d’arte e altri Linguaggi”
  • IL FEMMINICIDIO DI MARTINA E L’ARROGANZA DEI GIUDIZI
  • Premio di Laurea Martina Rossi
  • Si chiude a Cervo la XXXII edizione del “Pennello d’oro”, estemporanea d’arte e altri linguaggi: i nomi dei premiati
  • Cervo: “Pennello d’oro”, dal 27 al 29 settembre torna l’estemporanea d’arte e altri linguaggi. Premi dedicati anche a Martina Rossi e Annina Elena
  • Sister Blandina – racconto teatrale Cervo 29 Luglio 2024 ore 21.30
© 2025 Associazione Martina Rossi | Powered by Superbs Personal Blog theme
Gestisci Consenso Cookie
Per fornire le migliori esperienze, utilizziamo tecnologie come i cookie per memorizzare e/o accedere alle informazioni del dispositivo. Il consenso a queste tecnologie ci permetterà di elaborare dati come il comportamento di navigazione o ID unici su questo sito. Non acconsentire o ritirare il consenso può influire negativamente su alcune caratteristiche e funzioni.
Funzionale Sempre attivo
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono strettamente necessari al fine legittimo di consentire l'uso di un servizio specifico esplicitamente richiesto dall'abbonato o dall'utente, o al solo scopo di effettuare la trasmissione di una comunicazione su una rete di comunicazione elettronica.
Preferenze
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono necessari per lo scopo legittimo di memorizzare le preferenze che non sono richieste dall'abbonato o dall'utente.
Statistiche
L'archiviazione tecnica o l'accesso che viene utilizzato esclusivamente per scopi statistici. L'archiviazione tecnica o l'accesso che viene utilizzato esclusivamente per scopi statistici anonimi. Senza un mandato di comparizione, una conformità volontaria da parte del vostro Fornitore di Servizi Internet, o ulteriori registrazioni da parte di terzi, le informazioni memorizzate o recuperate per questo scopo da sole non possono di solito essere utilizzate per l'identificazione.
Marketing
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono necessari per creare profili di utenti per inviare pubblicità, o per tracciare l'utente su un sito web o su diversi siti web per scopi di marketing simili.
Gestisci opzioni Gestisci servizi Gestisci {vendor_count} fornitori Per saperne di più su questi scopi
Visualizza le preferenze
{title} {title} {title}